Skip to content

Proprietà fisiche e chimiche dei capelli

Come per gran parte delle strutture fibrose, anche per il capello l’elemento basilare delle proprietà meccaniche è costituito dal diametro della fibra pilifera. La sua resistenza alla trazione (e quindi il grado di deformazione) è direttamente proporzionale al quadrato del diametro mentre la resistenza alla torsione è addirittura proporzionale alla quarta potenza del diametro (d4).

Ne consegue che – ad esempio – la tenuta di una messa in piega è maggiore quanto maggiore è il diametro del capello.

Nel caso della frizione (ad es. massaggio o pettinatura) al diametro del capello si aggiunge la condizione della superficie pilifera; più la struttura squamosa della cuticola è compatta e liscia, più il capello resiste al frizionamento; a parità di stato della superficie, la resistenza alla frizione è ovviamente maggiore in un capello di grande diametro.

L’intervento di un trattamento chimico, ancor più di un fatto fisico, modifica spesso in modo vistoso le proprietà fisiche e meccaniche del capello. Ad esempio la permanente o la contropermanente (stiraggio) riduce le capacità di resistenza alla tensione ed alla torsione del capello. Vediamo, a titolo di esempio, come si comporta il capello sotto l’azione di una forza (stiramento).

Tre fasi della reologia del capello, cioè il suo comportamento sotto l’applicazione di una forza.

  • 1a  fase :  fino al 2% di stiramento l’allungamento del capello risulta proporzionale alla forza applicata (carico). Il capello si comporta come un corpo viscoelastico lineare (zona di preyield).
  • 2a  fase:  fra il 2 ed il 30% di stiramento l’allungamento aumenta di molto senza aumento di carico (zona yield).
  • 3a  fase:  oltre il 30% di stiramento estensione e carico tornano ad essere proporzionali fino a che si verifica la rottura della fibra (zona postyield).

In altri termini il capello sottoposto a stiramento si comporta dapprima come un solido cristallino poi come un solido amorfo o come un liquido (comportamento detto «plastico») e infine nuovamente come un solido. La spiegazione del comportamento della fibra pilifera sotto l’azione dei parametri carico/allungamento è fornita dalla struttura iniziale del capello che si trova nella forma di α-cheratina (ove le varie catene proteiche sono compatte); il carico applicato trasforma la cheratina da forma α a forma ß, ove le catene sono aperte e disposte «a tegola».

La prima fase corrisponde allo stato a che risulta essere omogeneamente resistente allo stiramento.

La seconda fase corrisponde al passaggio dello stato α allo stato ß; in questo passaggio la forma compatta si «srotola» e perde l’originale resistenza alla trazione.

La terza fase indica il grado di resistenza della cheratina in forma ß sino al punto di rottura della fibra. Ogni fattore che interviene diminuendo la coesione iniziale dell’α-cheratina determina un abbassamento del valore del carico. Se ad esempio il capello è bagnato si verifica un allentamento dei legami a idrogeno e di quelli elettrostatici. In particolare quando si applicano liquidi riducenti e poi ossidanti – come nel caso della permanente si osserva un andamento simile a quello visto per i capelli bagnati; aumenta cioè la possibilità di stiramento sia nel primo che nel secondo tratto, con un valore molto più basso di carico applicato.

Vediamo ora di esaminare la resistenza alla rottura del capello.
Il peso (o carico) richiesto per spezzare un capello oscilla fra 50 e 100 g; calcolando che una capigliatura è composta mediamente da 120.000 capelli ciò significa che questa potrebbe in teoria resistere ad un carico di 12 tonnellate.

Il carico di rottura del capello è stato calcolato essere pari a 12 kg/mm2 e risulta superiore a quello di alcuni metalli, come ad esempio l’alluminio. La resistenza maggiore si osserva nel capello a sezione rotonda (mongoloide) seguita da quella ovale del capello caucasico e da quella appiattita della popolazione negroide.

Un altro dato degno di rilievo è quello relativo al comportamento elastico. Il capello è dotato di buona elasticità e quando è stirato con moderazione riacquista la sua struttura al cessare della forza applicata.

Se però più di 1/3 della α-cheratina (cioè più del 33%) viene srotolata il capello resta irreversibilmente deformato. Quando lo stiramento del capello è inferiore al 30% questo recupera col tempo la sua lunghezza iniziale ma la deformazione temporanea può durare più o meno a lungo a seconda che il capello resti asciutto o venga bagnato. Nel caso del capello bagnato la lunghezza finale raggiunge un valore intermedio fra quella iniziale e quella di massimo allungamento ma il tempo impiegato a ritornare al valore normale risulta più lungo. Questo perché, come si è detto in precedenza, un allungamento superiore al 2% produce una trasformazione parziale della cheratina da α a ß. Il fenomeno si manifesta con uno «slittamento» delle catene proteiche che è favorito dalla bagnatura la quale provoca una parziale rottura dei legami deboli (ponti idrogeno, legami salini). Quando poi il capello viene asciugato si formano nuovi legami deboli che ritardano il totale ripristino della struttura α (che poi avviene lentamente). Su questi processi è appunto basata la tecnica della messa in piega a mezzo bigodini.